Tante cose si possono coltivare.

La Terra, quella bassa, faticosa, che profuma di pioggia e di sudore. Una speranza, un sogno, un ideale, una passione. Persino l’idea di un futuro migliore si può coltivare. Qualunque sia l’oggetto, affinché dalla Terra nasca un fiore, un sogno si concretizzi, un ideale si rafforzi o una passione si alimenti, in ogni caso, occorre Tempo. Un tempo creativo, laborioso, in cui tutto si muove anche se tutto sembra essere fermo. È un tempo fatto di costruzione, mutamento, trasformazione, perdite e arricchimento. Un tempo sospeso, in cui immergersi e dal quale trarre nutrimento. Un tempo che si dilata, che abbraccia, mescola, affonda ed eleva. Un tempo che diventa Attesa.

Per i Latini l’attesa era un tendere verso, un allungarsi fino alla meta. L’attesa è un ponte che gettiamo tra noi e il futuro, essenziale per capire dove siamo e dove vogliamo andare. Un tempo fondamentale che ci arricchisce in quanto obbliga a pensare, ad approfondire, a conoscerci. A rallentare o a cambiare strada. Ad esserci, più vivi e presenti che mai. È un passo avanti l’altro, un gradino dopo l’altro. Un edificio fatto di muri, finestre, porte e scale, che diventerà casa solo quando, alla fine, sarà costruito il tetto. L’attesa è una grande opportunità che abbiamo per migliorare la nostra vita e apprezzarne i valori profondi. È un regalo che dovremmo custodire, desiderare, praticare. Coltivare l’Attesa per coltivare Noi stessi.

 

L’Attesa è naturale

La Natura ce lo insegna. Ogni pianta è tale perché il suo seme viene accolto in un terreno fertile, dal quale assorbe, nel tempo, tutti gli elementi di cui ha bisogno per trasformarsi, accrescersi e divenire ciò che noi vediamo. L’olio non sarebbe uno scrigno così ricco e salutare se l’oliva non avesse il giusto tempo per maturare sui ruvidi rami sapienti, baciata dal sole. Il vino non raggiungerebbe struttura e gusto se alla vite non fosse concesso il tempo necessario per elaborare quella delizia i cui effluvi epicurei Bacco tanto amava. Senza lo scorrere del tempo il latte non diverrebbe formaggio, il grano non maturerebbe fino a farne farina, e la farina non darebbe vita al pane, il miele resterebbe nettare, senza il tempo e l’operosità delle api.

Gli animali hanno bisogno di tempo per moltiplicare la cellula da cui tutto scaturisce in migliaia, milioni, miliardi di altre cellule, sempre più differenziate e specializzate nell’assolvere funzioni vitali. L’Uomo non vedrebbe mai la luce senza i nove mesi di gestazione: sarebbe un essere incompleto, deforme, malato, se avesse la presunzione o l’impazienza di nascere prima. Ogni giorno di quei nove lunghi mesi è necessario, prezioso, fondamentale. Persino i batteri hanno bisogno di tempo, seppur breve, per colonizzare i tessuti e farne barriere difensive o prede cui arrecare nocumento.

 

Fluire del Tempo

Senza il fluire del tempo vivremmo sempre nella stessa stagione, nello stesso giorno, nello stesso momento. Non avremmo la possibilità di “riveder le stelle” e poi la luce, dopo le tenebre della notte e delle nostre infinite imperfezioni. Non diventeremmo esperti né saggi se l’età non avanzasse e irrobustisse le umane, fragili, acerbe facoltà. E le rughe non racconterebbero così tanto di chi le indossa, senza attendere che si formino per una vita intera. Non potremmo diventare equilibrati se, prima, non avessimo sperimentato, alternativamente, le opposte sponde della condizione umana, tracciate dall’oscillante intimo pendolo. Se non fossimo abbracciati o, talvolta, imprigionati, nel tempo dell’Attesa non conosceremmo l’immaginazione, il desiderio, la fantasia o la trepidazione. Saremmo piatti, senza proiezioni né speranze. E non apprezzeremmo, poi, la gioia, l’appagamento, quel senso di pienezza che, prepotenti, ci inonderebbero, al raggiungimento della meta, tangibile o immateriale. Nessun viaggio sarebbe tanto stimolante e arricchente se ci limitassimo a guardare le fotografie e leggere i commenti di viandanti sconosciuti, a organizzare ogni piccolo spostamento, dopo aver selezionato con cura certosina persino l’alloggio che ci ospiterà. Il viaggio diventa un’esperienza di vita anche grazie all’attesa, che ce lo fa immaginare in mille modi diversi, nessuno dei quali si realizzerà, mancando gli imprevisti, le emozioni e gli incontri che, il nostro reale viaggio, popoleranno.

Non avremmo mai potuto scorgere e amare quella famosa donzelletta che torna dalla campagna, al calare del sole, con in mano rose e viole con le quali “ dimani, al dì di festa ”, ornerà e profumerà “ il petto e il crine ”. La donzelletta vive della gioia che l’attesa del giorno di festa fa nascere in lei.

E non avremmo neppure conosciuto Don Abbondio, l’Innominato o la Monaca di Monza, se Renzo e Lucia si fossero sposati appena sbocciato il loro amore. Le difficoltà, gli inganni, i sotterfugi e le avversità li arricchiscono e li fortificano nel loro lungo peregrinare, alimentando quel sentimento che li vedrà, alla fine, marito e moglie. 

 

Lentezza e Consapevolezza

L’Attesa implica lentezza e la lentezza consapevolezza. Un respiro profondo e lungo che tutto permea e tutto assorbe. Un arco temporale tra ciò che siamo oggi e ciò che diventeremo domani. Un intervallo gestazionale in cui perdersi per ritrovarsi.  Riappropriamoci di questo spazio sospeso, dilatato, fluido. Aspettiamo l’estate per sbrodolarci con le pesche succose e zuccherine, e l’inverno per far “ribollire” fumante il cavolo nero, nel tegame e tra i nostri ricordi. Insegniamo ai bambini il mestiere più difficile: l’attendere. Portiamoli a sporcarsi con la terra nei campi, a veder mungere una mucca, a raccogliere le foglie dorate e secche che parlano d’autunno e a inebriarsi del profumo invadente delle rose, a maggio. Educhiamoli a rispettare la Natura nella sua ciclicità, alternanza e diversità. Non assolviamo all’istante tutti i loro desideri perché quel gioco può aspettare fino a Natale e quell’altro non è poi così divertente, anche se ai loro amici è già stato regalato. Facciamo germogliare in loro il seme dell’attesa, del desiderio, della curiosità, dell’immaginazione, dei sogni. Perché la vita è fatta di attese che ci insegnano a vivere. E perché la vita stessa è una attesa. Che ci troverà trasformati in persone più consapevoli, più ricche, tolleranti, e forse anche più serene, il giorno in cui smetteremo di dimenticare il nome di chi abbiamo di fronte e di accusare quel dolore che tanto ci ha fatto soffrire. Il giorno in cui la nostra vita sarà soltanto un ricordo per gli altri, in attesa, ancora, di cominciarne una nuova. Chissà dove e chissà con chi.